Quando cerchi nuovi punti di vista sulle donne contemporanee in Italia oggi non puoi che rivolgerti a Erika Morri. Personaggio multiforme, designer di gioielli e formatrice, ha vissuto una vita parallela a quella aziendale come atleta. Una carriera agonistica ultra ventennale nel RUGBY con un’esperienza internazionale come Azzurra indossando la maglia della Nazionale per 12 anni.
Oggi, Erika, è l’ unica donna eletta nel CDA della FIR Federazione Italiana Rugby. E’ invitata alla Commissione di «Rugby Europe» per lo sviluppo del rugby femminile in Europa.

Quello che mi piacerebbe chiederti è di fare un punto del rapporto oggi – in prossimità di un nuovo Sei Nazioni – tra il movimento del rugby femminile in Italia e la Federazione che rappresenti. In che fase siamo secondo te? Cosa si è fatto di nuovo in questi anni recenti? Quali sono i temi principali da approfondire nell’immediato futuro?
“Siamo alle porte di un nuovo 6 Nazioni e con grande trepidazione attendiamo che le nostre Azzurre scendano in campo per difendere il glorioso 2° posto conquistato nel 2019; la sfida è importante visto che abbiamo avuto infortuni di peso come quello di Capitan Furlan e Veronica Madia ma siamo fiduciosi nelle nuove leve che stanno impegnandosi al massimo per dare il proprio contributo sul campo. E da queste new entry prendo spunto: in questi anni si è cercato di allargare la base facendo aumentare i numeri di giocatrici juniores per riflettere una maggiore qualità sul rugby seniores…ma la strada è lunga e per il futuro bisogna continuare ad insistere in questa direzione”.
Le ragazze che giocano a rugby oggi in Italia, chi sono?
Le ragazze che giocano a rugby oggi appartengono ai mondi più variegati, non vi è un’appartenenza di ceto…sicuramente però un’appartenenza territoriale. Ovvero nelle aree dove il rugby ha più attecchito vi sono numeri di praticanti più alti (es.in Veneto ), allo stesso tempo un altra variabile importante è data da quelle città in cui il rugby è entrato nelle scuole e da questa ambiente importantissimo si costruisce una ulteriore possibilità di far conoscere il nostro sport anche se non si hanno esempi vicini o in famiglia. Mi chiedi se le nostre ragazze sono uno spaccato delle situazioni nel nostro paese: io sono certa che si cominci dalle piccole cose per cui sono fermamente convinta di sì. Siamo in un periodo storico dove spesso lo stereotipo e l’ignoranza riemergono per farci sentire al sicuro solo se si seguono percorsi standardizzatati ed inquadrati…le ragazze che fanno sport ed in particolare quelli di contatto come il rugby, dimostrano la libertà e la responsabilità di impegnarsi in ciò che si ama senza preoccuparsi della miopia di chi pensa che vi siano sport da maschi o da femmine…dimostrando che c’è un tempo per ogni cosa, uno per essere grintose e non curarsi se si combatte in mezzo al fango ed uno dove, se si vuole, si è disinvolte anche mettendo un tacco 12″.
Tutto lo sport femminile italiano è in un profondo e veloce cambiamento. Calcio, Volley e via via tutti gli altri. Il ruolo della donna nello sport business ha immense possibilità ma anche notevoli rischi in tanti sensi  a cominciare dall’uso commerciale della bellezza. Cosa avverrà nei prossimi anni, su cosa e come le donne che fanno sport tramite i mass media dovranno puntare per conservare la loro identità anche in un ambiente orientato al consumo?
Sull’INTELLIGENZA,  SULL’IRONIA e sulla COERENZA. Lo sport è sempre stato un mondo di esempi per la dedizione, la resilienza alle sconfitte e la visionarietà di potercela fare contando su sè stessi in primis e sul contributo fondamentale del saper fare squadra….e che male c’è se in tutto questo c’è anche la bellezza e la cura dei dettagli ?  Per cui con INTELLIGENZA si può passare il messaggio che PRIMA si è brave e che si può essere brave avendo anche i capelli a posto quando serve. E poi serve IRONIA. All’omologazione della “scenicità per forza” si risponde che la bellezza sfiorisce ( soprattutto sotto sforzo) ma che una risposta che fa nascere un sorriso e fa fare una riflessione rimane molto più impresso ad un “consumatore” che un’immagine fugace come tante. Nei miei 21 anni di rugby giocato ed i miei 12 da Azzurra, sono stata presa in giro molte volte perchè portavo la gonna ed i tacchi alti una volta uscita dal campo…e io rispondevo che per me era molto divertente passare da 13 tacchetti da 1 cm a 2 tacchi da 12 cm E “last but not least la COERENZA. Le donne nello sport non sono un prodotto da vendere ma un ESEMPIO DA PROMUOVERE: sono prima delle persone che hanno fatto una scelta e che si impegnano duramente ogni giorno per raggiungere il proprio obiettivo in maniera sana e corretta…se si “vendesse questo esempio” la pubblicità avrebbe un impatto positivo” .
In un convegno, qualche mese fa, introducesti – a proposito di sport e cambiamento – un concetto molto interessante a proposito del rugby: l’identizzazione all’interno del cambiamento per spiegare perché il rugby femminile italiano si sta evolvendo in maniera più veloce di quello maschile. Lo riprenderesti per i lettori di Sportdonna?
Innanzitutto il rugby AL femminile (non rugby femminile perchè non c’è nessuna diversità di gioco nè di palla) ha una storia molto più giovane, siamo nate intorno agli anni 70 e la nostra prima Coppa del Mondo risale al 1991…probabilmente  grazie alle strade già percorse  dal maschile ed anche a questo diverso tempo di “sedimentazione” ci siamo sentite più libere nello sperimentare diverse forme di rugby che ci hanno fatto crescere più velocemente nei numeri. Mi riferisco al boom che è nutrito dalla Coppa Italia a 7, ovvero il nostro settore ha avuto una spinta apicale grazie alla sperimentazione di una variante di gioco del rugby, con 7 atlete anzichè di 15 ma in un campo più ristretto( nulla a che vedere con la disciplina olimpica del rugby a 7), creando così un campionato più facile da giocare sia grazie al numero di giocatrici necessarie per creare una squadra. Questa sperimentazione ha visto crescere sino ad oltre 100 squadre la partecipazione al campionato territoriale ” Coppa Italia”, che non è mai esistito come formula nel settore maschile. La FLESSIBILITA’ è una parola fondamentale per la crescita in qualsiasi ambito, e concludendo…nello sport non è questione di donna o di uomo…ma di persone che credono nella sperimentazione ragionata per poter contribuire a far crescere la propria realtà“.

Pubblicato su Sport e Donna

di Pancrazio Auteri